mercoledì 8 ottobre 2014

Italia - la cultura dello stagno


di Fabrizio Ulivieri

A livello letterario, ma anche cinematografico come pure politico l’Italia ha una cultura stagnante. E’ una situazione abbastanza palpabile ed evidente che risulta dai prodotti cinematografici e letterari in circolazione.

Ai livelli menzionati la cultura italiana vive una situazione di (post-)neorealismo.

Tralasciando quelli che erano i temi tipici del neorealismo in senso stricte (la guerra e il dopoguerra, la resistenza) ancora tuttavia la cultura italiana si dibatte in temi tipicamente neorealisti come la lotta della povera gente per l’esistenza quotidiana, la miseria, le rivendicazioni degli operai, gli scioperi, il mondo dei semplici affetti, le lotte e le condizioni di vita del quotidiano, la realtà della vita dei ceti più umili, sempre facendo leva su accenti linguistici dialettali e popolari e gergali.

Ovviamente essendo quella attuale una condizione di post-neorealismo si assiste a pretesi intellettuali che senza averne la preparazione intendono, in qualità di epigoni, farsi portavoce di siffatte condizioni sociali e popolari.

Mancano della forza di affrontare temi forti come la vita, l’amore, l’eros il thanatos percorrendo, per esempio, l’ampiezza drammatica tipica dell’esistenzialismo che è forse la più forte espressione culturale europea (Camus, Sartre…). Mancano del respiro narrativo globale, che porti ad affrontare in chiave globale i temi menzionati sopra caricandoli però di una valenza non solo più localmente italiana ma internazionale.

La mancanza di preparazione culturale è fortemente visibile nel cinema italiano. Spesso I dialoghi sono ridotti alla battuta, alla citazione della citazione (Verdone che cita Sordi, epigoni che citano Nanni Moretti…), il modo di recitazione è divenuto tipicamente uniforme per tutti i giovani attori italiani, a partire dalla splendida recitazione di Lo Cascio in “I cento passi” tutti sembrano Luigi Lo Cascio.

Uno dei dialoghi più penosi a livello di preparazione culturale da parte di chi li ha scritti è la famosa scena di “intellettuali” sulla terrazza romana nel film “La grande bellezza” dove si vuol far passare per puttana una intellettuale che invece vorrebbe passare per santa.

I film italiani sono spesso buoni sotto l’aspetto filmico, ma difficoltosi sotto quello narrativo (nel senso che non sanno costruire storie) e culturale (inteso come mancanza di preparazione di livello superiore che possa partorire film di spessore).

Lo stesso vale per la letteratura italiana contemporanea, che non riesce ad uscire dalle pastoie del neorealismo. Basta leggere un libro di un qualsiasi autore contemporaneo per averne conferma. Certo la responsabilità è ancora una volta della visione miope delle case editrici che privilegiano solamente i soliti prodotti neorealisti.

Se pensiamo che ci sono scrittrici contemporanee affermate che scrivono a tutt'oggi come e su temi simili a quelli affrontati da Grazia Deledda, pubblicate da editori che passano per qualitativi, è veramente demoralizzante e conferma la scarsa capacità di innovazione della nostra cultura.

Onestamente per quanto cerchi non trovo autori o cineasti o politici italiani da additare come innovativi, la cui mancanza spero sia solo dovuta alla mia scarsa conoscenza.

Credo che si debba affrontare una letteratura di impegno e denuncia civile ma in termini di maggior coinvolgimento globale, ponendoli in una cornice internazionale, uscendo dall’aia italiana per cogliere, sullo sfondo, il dramma esistenziale dell’uomo moderno all’interno del frame dei movimenti globali finanziari, politici, sociali, bellici…non più gridare contro il padrone, contro il sindacato, lo stato ma contro la finanza mondiale, le multinazionali, le guerre create ad arte per depauperare e sfruttare, contro le ipocrisie politiche mondiali, i settarismi religiosi, la dipendenza dei politici dai gruppi finanziari forti…si ricreii sì una letteratura di impegno civile ma affrontando temi globali e non più superati dai tempi.

La cultura ritorni ad essere forte e per fare questo chi produce cultura si prepari, acquisti spessore e consistenza.

Chi fa lo scrittore vero si impegni ad essere Scrittore e non più scrittore & calciatore, scrittore & cantante, scrittore & avvocato, scrittore & giornalista…Si anteponga la serietà alla pretensione, il valore reale all’ipocrisia, la professionalità all’impreparazione dilettantistica…

Cose molto basilari che però sembrano essere perfettamente sconosciute. Forse recuperando questi ultimi valori basici e minimi, scomparsi dalla costituzione dell’ uomo contemporaneo, non avremo più dei Monti, dei Renzi, dei Berlusconi, dei Grillo…ma statisti di peso morale adeguatamente preparati al loro ruolo e non più improvvisatori da bar o pseudoprofessori di economia al servizio di commissioni di Bruxelles infarcite di banchieri e speculatori.