venerdì 27 marzo 2015

Una recensione di “Il nome del figlio”, film diretto da Francesca Archibugi

di Olga Lenczewska


La maggior parte delle discussioni, specialmente quelle che avvengono durante una bella serata tra amici, svaniscono presto senza lasciarsi dietro importanti conseguenze. Questo non è vero, però, nel caso del litigio che apre il nuovo film di Francesca Archibugi, “Il nome del figlio”, remake italiano della pellicola francese “Cena tra amici”. Concentrandosi su una singola scena “indoor”, tipica della rappresentazione teatrale (una scena che non è, comunque, statica), “Il nome del figlio” mostra come uno scherzo innocente possa evolvere in modi imprevisti, sfidando le opinioni comuni su certi “tipi” di persone e rivelando segreti e atteggiamenti dei protagonisti che essi non vorrebbero mostrare. 

Nonostante siano cresciuti insieme, i protagonisti sono molto diversi. Paolo è un “self-made man”, un affascinante agente immobiliare di successo. Sua sorella, Betta, insegna al liceo ed è una mamma molto impegnata, mentre il marito di Betta, Sandro, lavora all’università e non presta molta attenzione alla realtà oltre i libri. Il loro amico single, Claudio, è un musicista eccentrico che ha assecondato i suoi sogni adolescenziali. La moglie di Paolo, la giovane Simona, è l’autrice di un romanzo best-seller con i classici atteggiamenti da “diva”.

I flashback occasionali rivelano gli anni dell’adolescenza di Paolo, Betta, Sandro e Claudio, e raccontano i conflitti con la generazione precedente, quelli che oggi hanno i loro stessi figli. Ma con il tempo la vita dei protagonisti cambia e insieme muta anche la prospettiva attraverso la quale vediamo le loro relazioni.

Il litigio comincia quando Paolo svela quale sarà il nome di suo figlio. Questa scelta controversa diventa lo sfondo per una discussione ideologica, che si trasforma presto in un argomento molto personale. Benché Betta, Sandro, Paolo e Claudio si ascoltino con attenzione e provino meticolosamente a risolvere il conflitto appena emerso, ciascuno di loro ha una parte di sé che gli altri non comprendono. Sandro aspira ad essere trattato al di sopra degli altri perché è un professore e conosce le materie umanistiche molto bene, ma purtroppo non è capace di applicare quello che sa alla propria vita: non capisce sua moglie e vive una vita parallela tra romanzi e social network, perdendosi la vita vera. Betta, completamente dedita ai suoi figli e al marito, è sempre più fiaccata dalla routine della vita quotidiana. Paolo, invece, è orgoglioso di esser un elegante uomo d'affari, liberale e moderno; tuttavia sua moglie Simona di lui non apprezza altro che l’aspetto estetico, non ha nemmeno letto il suo romanzo!

Nonostante la loro complessità, i quattro vecchi amici sembrano più “in gamba” del quinto personaggio, Simona, che rimane alquanto estraneo fino alle ultime scene. Solo alla fine del film si comprenderà, infatti, la sua capacità di “leggere” i commensali, comprendendone i dolori e soprattutto aprendo gli occhi sul loro snobismo e sulla ristrettezza di vedute che dimostrano; per esempio, quando giudicano il libro di Simona banale senza neppure averlo letto, oppure quando dipingono troppo frettolosamente Claudio come omosessuale.

“Il nome del figlio” è una buona e sofisticata commedia che vi farà ridere, ma allo stesso tempo interromperà la tendenza a giudicare gli altri attraverso schemi prestabiliti e sulla base di pregiudizi, e vi incoraggerà a riconsiderare il vostro atteggiamento verso gli altri. Uscirete dal cinema con animo nervoso, ognuno in modo diverso, e ciò che vi renderà nervosi sarà proprio quello che dovrete rivedere nella vostra vita.

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