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Lo Chef Marco Terranova |
di Ilaria Gelichi
1. Marco, sei lo chef del Moyé di Firenze. Raccontaci
qualcosa del tuo percorso. Come hai iniziato, come sei arrivato al Moyé?
Mi chiamo Marco Terranova, sono siciliano ed ho 37 anni. Ho
cominciato a lavorare all’età di 14 anni nel negozio di mio padre, pasticcere,
dove ho imparato molto nell’ambito della pasticceria. Dopo aver terminato gli
studi alla scuola alberghiera ho svolto dei periodi di lavoro all’estero
(Londra, Stati Uniti, Caraibi) e successivamente sono tornato in Italia, a Milano,
dove 5 anni fa mi sono fermato ed ho lavorato presso il famoso ristorante Dal
Bolognese. Dato che sono una persona che ama cambiare, dopo questa
esperienza ho iniziato a lavorare presso questo franchising, Moyé: ci
sono quattro locali a Milano, uno a Chieti ed uno a Firenze.
2. Mi
sembra di aver capito che la tua costante è il cambiamento. Questa attitudine
si ripercuote anche nella cucina, cioè ti piace cambiare, sperimentare?
Sì, amo il cambiamento perché non mi piace soffermarmi
troppo sulle stesse cose. Se si comincia questo mestiere da ragazzi,
l’importante è fare molte esperienze. L’esperienza ti porta a cambiare luoghi,
stili, tecniche. Al momento mi sono un po’ fermato; non mi ritengo
assolutamente uno chef di grande fama, però sono completo nelle mie esperienze.
3. In
questi anni, come hai visto cambiare il mondo della ristorazione?
Questo mondo è sempre in fase di cambiamento. Anche quelle
che sono le ricette tradizionali vengono sempre variate ed aggiornate. Penso
che in cucina ci voglia passione: prendiamo per esempio una banale pasta al
pomodoro, basta aggiungerci qualche foglia di rosmarino per darle un sapore e
un tocco diverso.
4. Cambiare qualche volta può essere un rischio: ti piace
rischiare?
Sì, mi piace. Se cambio, lo faccio con ingredienti di cui
conosco le proprietà e la qualità, quindi non mi crea grandi problemi.
5. Secondo te, quali sono le caratteristiche necessarie
per essere un bravo chef?
Bisogna avere tanta umiltà e rispetto della persona che hai
davanti. Ma anche confrontarsi con altre realtà, altre persone: se sono lo
chef, non significa che so fare tutto. Anche una persona che non è chef di
professione può insegnarti qualcosa… L’umiltà è sicuramente una delle qualità
principali di un bravo chef.
6. Cucini seguendo le tendenze o cerchi di imporre tu
nuove tendenze?
Per quanto mi riguarda, si può dire che seguo abbastanza le
tendenze. Dipende dal cliente che ho davanti: se è una persona che vuol provare
cose nuove, posso anche provare a proporre qualcosa di diverso.
7. Lo chef Marco Terranova ed il Moyé: quando hai
dovuto cambiare della tua visione culinaria per adattarti allo stile del Moyé?
In questo ristorante si offre cucina tipica pugliese e c’è
già uno chef che si occupa dei menu. Arrivano delle schede tecniche delle
ricette e bisogna attenersi ad esse. Essendo un franchising, bisogna seguire il
loro standard; posso prendermi più libertà, ad esempio, inventando io il piatto
del giorno, ma per il resto dobbiamo attenerci alle ricette che ci vengono
date.
8. Secondo te, perché un cliente dovrebbe venire al Moyé?
Sicuramente uno dei motivi per cui consiglio di venire a
mangiare al Moyé, è che qui usiamo tutti prodotti di nostra produzione:
le mozzarelle, la pasta, il pomodoro, l’olio, ecc. sono tutti prodotti freschi
e di ottima scelta.
9. Abbiamo chiamato questa rubrica “etica e bellezza nei
ristoranti fiorentini” per tanti motivi, sia perché Firenze è ovviamente
sinonimo di bellezza, sia perché è la città dov’è nato il senso etico della
politica . Quanto sono importanti nel tuo lavoro queste due parole, etica e
bellezza?
Sono molto importanti. Un piatto deve invogliarti ad essere
mangiato; non deve essere solamente buono ma anche essere presentato in un
certo modo, perché il primo impatto il cliente lo ha con la vista. Il rispetto
dell’etica è inteso invece riguardo alla preparazione che uno chef deve avere
anche in fatto di chimica e di origini dei prodotti; avere queste conoscenze è
molto importante.
10. Quali sono i tuoi progetti? Pensi di fermarti al Moyé
o continuerai con le tue peregrinazioni?
Vorrei fermarmi perché si tratta di un franchising che si
sta espandendo anche all’estero e dato che io avrò il compito di curare gli
start up dei nuovi ristoranti, avrò la possibilità di muovermi e fare nuove esperienze.
Per l’anno prossimo è prevista l’apertura di nuovi ristoranti a Londra, Parigi
e Miami. E’ una professione davvero coinvolgente.
11. Qual è il tuo rapporto con la città di Firenze?
Ho abitato a Firenze per sei anni dieci anni fa, lavoravo al
ristorante Il Caminetto, vicino al Duomo. Ho molti amici qui in Toscana
e la città di Firenze mi è sempre piaciuta in modo particolare. Poi mi sono
trasferito in America e in seguito a Milano. Quando mi hanno chiesto di
spostarmi a Firenze ho accettato volentieri e sono stato molto contento di aver
avuto la possibilità di tornare qui. Firenze è molto bella, piena d’arte, si
mangia bene e si vive bene.
12. Puoi darci qualche consiglio per un giovane che vuole
iniziare la professione di chef?
Questo lavoro porta via tantissimo tempo e se si sceglie di
farlo deve essere perché alla base c’è tanta passione. E’ molto importante
anche fare tante esperienze, perché aiutano a formare e a costruirsi qualcosa
per il futuro.